Blog di nuovoadamo


Replying to Amoris Laetitia - commento di P. Enrico Cattaneo

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  1. Posted 11/5/2016, 19:58
    Buonasera.
    Scusate la mia ignoranza ma non ho ben compreso quali cambiamenti abbia portato la nuova enciclica: mi pare che, prima, un divorziato anche se non per sua colpa (cioè, lui non avrebbe voluto divorziare ma un giudice gliel'ha imposto) non avrebbe potuto risposarsi e se lo avesse fatto non avrebbe potuto comunicarsi.
    Ora, invece, chi contrae un nuovo matrimonio dopo il fallimento di quello precedente potrebbe accostarsi all'eucarestia.
    Ciò che non ho capito è questo: è necessario che viva col nuovo coniuge come fratello e sorella?
    Grazie.
  2. Posted 18/4/2016, 13:32
    Dice bene senza la croce non c'è salvezza cristo stesso si è immolato una volta per tutti dandoci l'esempio ogni famiglia e chiamata ad incarnare la croce quotidiana come offerta gradita a DIO camminando in un dono di sé alla chiesa che sempre illumina e sempre fascia le ferite degli uomini e richiama a lordine del sacramento.
  3. Posted 13/4/2016, 07:57
    Papa
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    Carissimi,

    dò la parola al mio caro confratello gesuita, P. Enrico Cattaneo, che mi ha voluto inviare questo suo commento all'Amoris Laetitia di Papa Francesco. E' un commento breve, ma denso di significato e di insegnamento. Mi viene di paragonarlo ad una freccia, lanciata da un abile arciere, che colpisce il centro. L'amore crocifisso, che ama fino a dare la vita è quello che è anche un'amore pieno di gioia.

    LA GIOIA DELL’AMORE, OVVERO L’AMORE CROCIFISSO
    di Enrico Cattaneo


    «Il mio eros è crocifisso», ha scritto il martire Ignazio di Antiochia nella sua lettera ai Romani all’inizio del II secolo. Gli antichi intendevano qui “eros” (amore) come se fosse Cristo stesso, e spiegavano: “Cristo, oggetto del mio amore (eros), è crocifisso”. I moderni invece prendono eros in senso soggettivo, e intendono: “Il mio desiderio carnale (eros) è stato crocifisso, mortificato”, oppure, con una accezione più positiva: “Il mio desiderio, la mia brama (eros) è di essere unito a Cristo sulla croce”. Tutte e tre queste interpretazioni possono essere accettate. L’idea centrale è che esiste un “amore crocifisso”, e che sia quello di Gesù o sia il mio, è importante che siano collegati. Infatti nella concezione cristiana non c’è amore vero che non sia anche un amore crocifisso, cioè amore capace di arrivare fino al dono di sé, così come ha fatto Cristo per primo, manifestando in tale modo l’amore del Padre.
    Se la parola “croce” è una delle parole fondamentali del cristianesimo, essa non poteva non essere al centro di quella che è un’altra parola chiave, l’ “amore”. Non credo però che i vari commentatori della esortazione apostolica Amoris laetitia abbiano fatto attenzione a questo punto. Eppure dovrebbe essere centrale. Notandone la sua totale assenza nei commenti (salvo svista mia), mi è venuto il dubbio che anche l’esortazione apostolica avesse dimenticato questa parola chiave. Invece no, e non poteva essere diversamente. Allora ho fatto una piccola ricerca e ho trovato una serie di testi che collegano l'amore alla croce di Cristo. Li ripropongo, per una migliore comprensione del documento stesso.

    La via della croce. Dio Padre accompagna sempre il cammino dell’uomo, anche se questi ha un cuore indurito dal peccato. Dio si abbassa, “accondiscende”, cioè si china sull’umanità ferita per guarirne il cuore e trasformarlo, orientandolo verso il suo principio, cioè verso la sua vera natura, ciò per cui è stato creato, e cioè il bene, il vero, il bello, in una parola, la felicità. Ma come? Attraverso la via della croce: «La condiscendenza divina accompagna sempre il cammino umano, guarisce e trasforma il cuore indurito con la sua grazia, orientandolo verso il suo principio, attraverso la via della croce» (62). La lettera non spiega in che cosa consista questa “via della croce”, ma certamente è quella presa da Gesù.

    Il matrimonio, richiamo permanente della croce. Il sacramento del matrimonio è un dono orientato alla santificazione e alla salvezza degli sposi. Il segno sacramentale richiama la reciproca appartenenza di Cristo e della Chiesa (cf. Efesini 5, 25-33), cioè di un amore che dà se stesso per l’altro, come è avvenuto sulla croce: «Il sacramento è un dono per la santificazione e la salvezza degli sposi, perché la loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa. Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce; sono l’uno per l’altra, e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi» (72). Così «il matrimonio cristiano è un segno che non solo indica quanto Cristo ha amato la sua Chiesa nell’Alleanza sigillata sulla Croce, ma rende presente tale amore nella comunione degli sposi» (73).

    Cristo è vicino agli sposi perché imparino a prendere su di sé la propria croce: «Il sacramento non è una “cosa” o una “forza”, perché in realtà Cristo stesso viene incontro ai coniugi cristiani attraverso il sacramento del matrimonio. Egli rimane con loro, dà loro la forza di seguirlo prendendo su di sé la propria croce, di rialzarsi dopo le loro cadute, di perdonarsi vicendevolmente, di portare gli uni i pesi degli altri» (73). Così «una donna può curare suo marito malato e lì, accanto alla Croce, torna a ripetere il “sì” del suo amore fino alla morte» (162).

    L’amore di Cristo per noi è un amore crocifisso:
    «Infatti, tale amore forte, versato dallo Spirito Santo, è il riflesso dell’Alleanza indistruttibile tra Cristo e l’umanità, culminata nella dedizione sino alla fine, sulla croce» (120).

    La famiglia, segno dell’Incarnazione, della Croce e della Risurrezione:
    «Inoltre, la famiglia è un segno cristologico, perché manifesta la vicinanza di Dio che condivide la vita dell’essere umano unendosi ad esso nell’Incarnazione, nella Croce e nella Risurrezione: ciascun coniuge diventa “una sola carne” con l’altro e offre sé stesso per condividerlo interamente con l’altro sino alla fine» (161).

    In comunione con la croce del Signore: «Se la famiglia riesce a concentrarsi in Cristo, Egli unifica e illumina tutta la vita familiare. I dolori e i problemi si sperimentano in comunione con la Croce del Signore, e l’abbraccio con Lui permette di sopportare i momenti peggiori. Nei giorni amari della famiglia c’è una unione con Gesù abbandonato che può evitare una rottura. Le famiglie raggiungono a poco a poco, con la grazia dello Spirito Santo, la loro santità attraverso la vita matrimoniale, anche partecipando al mistero della croce di Cristo, che trasforma le difficoltà e le sofferenze in offerta d’amore» (317). Così «gli sposi possono sempre sigillare l’alleanza pasquale che li ha uniti e che riflette l’Alleanza che Dio ha sigillato con l’umanità sulla Croce» (318).

    Di questo messaggio avevamo bisogno.
    Se si dimentica la croce, si finisce in un cristianesimo che si riduce al “ventre molle” di una grande madre, che cerca di venire incontro sempre di più ai bisogni degli individui, assecondandoli, giustificandoli, a volte anche esaltandoli, ma togliendo loro il senso del sacrificio, della positività del divieto, della fatica di portare avanti una scelta responsabile. Se si dimentica la croce, avremo cristiani non adulti, ma regrediti a una situazione infantile, incapaci di forza e di creatività, svuotati di energie spirituali, nevrotici di fronte alle sconfitte e alle frustrazioni della vita. Naturalmente, senza giudicare nessuno, né sottovalutare tante reali sofferenze.

    Così l’esortazione apostolica Amoris laetitia invita le famiglie cristiane ad abbracciare con amore “la via della croce”, che è via sì di sacrificio, ma anche di fecondità e di vera gioia.



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